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Per me la scrittura è importante quanto l'aria che respiro...

Sergio Melchiorre

Ho sempre amato il cinema. Sono nato con la televisione, almeno dal punto di vista cronologico-temporale, anche se ho passato la maggior parte della mia infanzia senza televisore in casa. La mia passione è stata la «settima arte», mi sono sempre nutrito di celluloide e sono cresciuto nel mito dei ... (continua)


La sua poesia preferita:
Eri vestita di luce
Sei la linea d'ombra
dei ricordi più soavi
della mia vita.

Sei il profilo di una malinconia
che vibra come una foglia morta
sbattuta dal vento,
nell'angolo di una strada
senza uscita.

Sei la scia di luce
che trafigge l'effigie
dei...  leggi...

Nell'albo d'oro:
La Resistenza
La Resistenza
ha il profilo di una donna
con i lunghi capelli rossi.

I suoi occhi nocciola
riflettono una bandiera rossa
che sventola sulla cima
di una montagna.

La Resistenza
ha le sembianze di una pantera
che si libera delle catene
che...  leggi...

Sconfinato amore
Sei alba cristallina,
sei tramonto sul mare...

Sei un raggio di sole
che riflette il suo splendore
sulla limpida acqua di
un torrente di...  leggi...

L’uncinetto d’avorio
Vorrei diventare invisibile
come il vento che scompigliava
i tuoi lunghi capelli bianchi.

Vorrei diventare immortale
come le minuscole rughe
scolpite sul tuo viso sofferto.

Vorrei diventare sublime
come l’aria che accarezzava
la tua pelle...  leggi...

Ti amo alla follia
Sei come il mustang indomabile
che rifiuta d’essere imbrigliato.

Sei libera come il vento
che accarezza i fiori dei cactus.

Sei come il candore di un campo
che aspetta la luce del giorno
per esibire i suoi germogli.

Sei l’eco di una...  leggi...

Sei bella come il sole
LA TUA PELLE VELLUTATA
CHE PROFUMA DI LIBERTÀ
RIESCE A SPEZZARE LE CATENE
DELLE MIE INIBIZIONI.

TI AMO DA MORIRE
PERCHÉ SEI SPUMEGGIANTE
COME LO CHAMPAGNE CHE SORSEGGIO
NELLE TUE SCARPE A SPILLO.

SEI BELLA COME IL SOLE
E NON MI...  leggi...

Ti amerò per sempre
Ti ricordi
quando eravamo
come foglie nel vento
e la pazzia scorreva
nelle nostre vene?

Il sole splendente
di mille estati
illuminava di gioia
la nostra vita.

Rimarrai per sempre
la follia d’amore,
il vento che buca le nuvole,
il richiamo...  leggi...

Desiderio d'amore
Ho la sensazione
di camminare sull’acqua
quando ti guardo
negli occhi.

Il cielo
attonito testimone del mio amore
si appropria del mio stato d’animo
e lo trasforma in un volo d’angelo.

Ho la sensazione
di spiccare il volo
quando sento il...  leggi...

Ho sussurrato al vento
Ho sussurrato
il tuo nome al vento.

Lo ha cantato alle foglie
degli alberi secolari
e lo ha disegnato
nel cielo infinito.

Gli ho confidato
la mia tristezza
per la tua partenza,
per il tuo silenzio assordante
che mi ha sconvolto la...  leggi...

Pianto poetico
Lasciami rivivere il ricordo
del soffio di vento che scompigliava
i tuoi lunghi capelli bianchi.

Lasciami entrare nelle stanze segrete
dove si posavano i tuoi pensieri.

Voglio carpire il segreto
del tuo immenso amore.

Davanti al mistero del...  leggi...

Ti ricorderò per sempre
Oggi, papà,
avresti compiuto cento anni
se il respiro del vento
non avesse spezzato
prematuramente
lo stelo della tua esistenza.

Ti ricorderò per sempre
anche se il tuo silenzio
ha seppellito il mio dolore
sotto il manto...  leggi...

Ritorno al paese natio
Ritorno al paese natio.
Loculo...  leggi...

Occhi cileni
Ho tessuto una tela
di ragno
nei tuoi occhi
per farti sorridere.

Ma il tuo sguardo
triste
si è perso nelle...  leggi...

L'ultimo abbraccio
Il vento accarezza le foglie
di una quercia secolare e
assiste turbato all'addio dei due amanti
che si abbracciano furtivamente,
con nel cuore una triste melodia d'amore.

Le loro ombre si proiettano sull'acciottolato,
all'angolo di un...  leggi...

Non cercarmi
Quando ti sveglierai
non cercarmi.
Sarò lontano,
oltre il confine che
di notte avrò oltrepassato
come un ladro.

Sarò nascosto
dietro gli alberi fioriti
della nostra valle.

Quando ti sveglierai
non cercarmi.

Mi...  leggi...

Il polmone d'acciaio
Sono nato in cattività
nell'aria viziata
di una miniera belga,
con i fiori che fanno i turni
ed i topi morti
che denunciano in silenzio
il veleno del carbone.

Sordomuto, inchiodato
alla croce
con lo sputo del più forte
a...  leggi...

Sergio Melchiorre

Sergio Melchiorre
 Le sue poesie

La sua poesia preferita:
 
Eri vestita di luce (08/05/2010)

La prima poesia pubblicata:
 
Il polmone d'acciaio (20/06/2009)

L'ultima poesia pubblicata:
 
L’Amore e la Rosa (21/04/2024)

Sergio Melchiorre vi propone:
 L'ultimo abbraccio (16/06/2010)
 Eri vestita di luce (08/05/2010)
 Ritorno al paese natio (06/07/2009)

La poesia più letta:
 
L'ultimo abbraccio (16/06/2010, 31036 letture)

Sergio Melchiorre ha 16 poesie nell'Albo d'oro.

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Il cielo di Gessopalena

Amore

È la prima volta nella mia vita artistica che scrivo qualcosa su mia nonna materna. Il motivo di tale scelta è che negli ultimi tempi penso spesso a lei ed alla sua genuina filosofia di vita.

Mi nonna si chiamava Alfonsina, ma tutti nella mia famiglia la chiamavamo «Nonnetta» perché era bassa di statura, ma forte e determinata come un leone.

Il mio scopo non è quello di scrivere una biografia di mia nonna, anche perché forse non ne sarei capace, ma è quello di ricordare alcune sue caratteristiche psicosociologiche che oggi farebbero rabbrividire i benpensanti che spesso criticano le migranti che indossano il burka, lo hijab, il niqab, il chador, l’ al- amira, la shayla ed il khimar.

Anche mia nonna vestiva abiti lunghi ed indossava un fazzoletto scuro che le avvolgeva completamente il capo, molto simile a quello che indossano oggi le donne islamiche che arrivano in Italia per sfuggire alle persecuzioni e/o alle guerre.

È in questo contesto che vi voglio raccontare alcuni aneddoti legati all’ esistenza dei miei due antenati e, in modo affettuoso, a mia nonna.

Mio nonno Vincenzo, detto «Gimì», e mia nonna si sposarono nel 1913 e, dopo qualche anno di matrimonio, diedero alla luce tre figlie femmine, mia madre Elena Maria e le mie due zie Antonietta ed Eva.

Mia nonna partorì tre figlie in casa senza mai essere stata visitata da un ginecologo quando era incinta.

In quei tempi, era la «mammina», l’ ostetrica, che faceva nascere i bambini.

«Nonnetta» raccoglieva e baciava il pane che noi facevamo cadere involontariamente per terra e, dopo averci soffiato sopra per pulirlo, lo conservava gelosamente nella sua credenza perché esso era un bene prezioso da conservare.

Diceva spesso che nel corso della sua esistenza aveva avuto la sfortuna di vedere due guerre: la Prima e la Seconda Guerra Mondiale ed il pane, appunto, era stato un alimento indispensabile per sopravvivere alla miseria ed alla fame.

Ecco perché mia nonna aveva un grande rispetto per la pagnotta di pane e per alcuni altri beni primari, come ad esempio il sale e lo zucchero, cibi che per noi, nati negli anni Cinquanta e sessanta, erano beni prettamente secondari.

Durante il periodo in cui mio nonno era al fronte, «Nonnetta» rimase a Gessopalena.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, mio nonno «Gimì» si recò per ben due volte in America per cercare fortuna, ma al rientro definitivo in Italia, dopo un drammatico naufragio in mezzo all’ oceano Atlantico, decise di vivere gli ultimi anni della sua vita a Gessopalena, dove svolse prima l’ attività di cantoniere e poi quella di becchino, pur avendo una paura tremenda dei trapassati.

Mia nonna mal sopportava le magagne di suo marito soprattutto quando tornava a casa ubriaco, caratteristica etnologica molto radicata nella cultura abruzzese di quegli anni, ma il giorno dopo, quando il fumo dell’alcool era svanito, lo rimproverava sonoramente, e lo puniva anche rifiutandosi di concedergli le sue grazie per un periodo di tempo abbastanza lungo.

Senza mia nonna, mio nonno non sarebbe stato in grado di gestire economicamente la sua famiglia e educare le sue tre figlie.

Dietro ad ogni scelta di vita di «Gimì, c’ era la silhouette rassicurante di mia nonna che riusciva sempre a fare quadrare il cerchio.

Quando mio nonno era via per lavoro, «Nonnetta» riusciva sempre a risparmiare dei soldi anche quando i mandati postali spediti da suo marito tardavano ad arrivare a destinazione.

A parte la parentesi in cui «Gimì» si trasferì a Taranta Peligna con tutta la sua famiglia per fare il mezzadro in una vecchia masseria, dove ho ambientato il racconto breve «La cascina rossa», e gli anni in cui lavorò negli U. S.A., mio nonno e mia nonna vissero sempre a Gessopalena, un ridente villaggio in provincia di Chieti.

L’ unico strappo alla regola fu un viaggio a Roma di entrambi i coniugi per espletare alcune pratiche amministrative.

In quell’ occasione «Nonnetta» indossò una gonna così lunga che mio nonno la prendeva continuamente in giro dicendole che «con la sua gonna aveva spazzato tutta Roma».

Tre aneddoti legati agli ultimi anni della sua vita, dopo la morte di suo marito, avvenuta credo nel 1968, mi sono rimasti nella mente.

Il primo aneddoto che vi voglio narrare è che mia nonna, prima di andare a dormire nella sua camera da letto che ospitava anche il sottoscritto, usciva fuori dalla casa popolare dove abitava alle Casette, costruzioni antisismiche erette in seguito al terremoto del 1933, faceva una cinquantina di metri in direzione del sito che oggi ospita il Teatro Comunale «Gennaro Finamore».

Arrivata nel piazzale, che domina la «strada degli innamorati», alzava la testa in direzione delle stelle, poi tendeva la mano nell’ aria, facendo roteare lentamente le dita, allargava leggermente le gambe ed orinava in piedi, pronunciando le seguenti parole: «Chissà se domani pioverà?».

Il secondo aneddoto è sostanzialmente legato al vizio del marito che continuava a fumare i suoi puzzolenti «Toscanini», nonostante che la sua famiglia, come si suol dire in questi casi, non nuotasse propriamente nell’ oro.

«Gimì, se tu smettessi di fumare, forse con i soldi risparmiati, potremmo comprarci un maiale per Natale!», gli disse la moglie in un momento di rabbia.

Ascoltando a malincuore l’ idea di mia nonna, «Gimì» smise di fumare per un anno intero e, alla Vigilia di Natale, disse alla moglie, che nel frattempo si era probabilmente dimenticato dell’ accordo: «Alfonsina, vai nella stalla a prendere la fune e tutto il materiale per preparare il sanguinaccio!».

Mia nonna lo guardò con apprensione pensando che il marito avesse alzato un po’ il gomito, poi si ricordò della proposta fattagli qualche mese prima.

Morale della favola: «Gimì» aveva smesso di fumare per un anno e, con i soldi risparmiati, almeno secondo le ipotesi di Nonnetta, avrebbero dovuto comprarsi un maiale, ma in realtà il pegno era stato inutile perché la vita dei contadini era veramente complicata e non erano riusciti a comprare l’ agognato suino.

Da quel giorno, mio nonno tornò a fumare beatamente i suoi «Toscanini» fino agli ultimi giorni della sua vita.

Morì a causa di un cancro alla gola, e le sue ultime parole pronunciate prima di spegnersi furono le seguenti: «Ho sete, ho sete, datemi dell’ acqua prima che io oltrepassi il fiume Giordano!».

Il terzo aneddoto riguarda più specificamente «Nonnetta» che, rimasta vedova a circa novant’ anni, invocava l’ agognata «santa morte» per non pesare più sulle figlie che a loro volta avevano anche loro una certa età.

Il suo dispiacere maggiore era quella di dipendere dagli altri, soprattutto perché mia nonna, che negli ultimi anni della sua esistenza terrena si nutriva quasi esclusivamente di un uovo sodo la sera e di qualche minestrina riscaldata. Pregava continuamente un trapasso che, a dire il vero, si fece particolarmente attendere perché morì quasi all’ età di cent’ anni.

Se esiste il paradiso e me lo auguro di cuore, «Nonnetta» ci sarà entrata dalla porta centrale vestita di nero, con il suo solito vestito lungo ed il suo fazzoletto scuro, molto simile a quello che indossano tutt’ oggi le maomettane che sbarcano sulle nostre coste, a bordo di quelle sgangherate «carrette del mare» che vediamo spesso alla tivù.

Mi diverto spesso a pensare che mia nonna aspetti suo marito «Gimì», perché è andato a fare baldoria in qualche osteria dell’ empireo, per rimproverargli ancora di fumare quei maledetti sigari «Toscanini» che appestano perfino le stelle che brillano soavemente sul cielo incantevole di Gessopalena.


Sergio Melchiorre 10/09/2020 09:10 1099

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.

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